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L’avvocato: “Non ha commesso reati ma si è reso conto delle accuse”. La Gip decide sulla richiesta di incontro con gli alleati. Per la Procura devono essere tutti in presenza e non da remoto

Genova — Si gioca sulle sfumature e sui dettagli lessicali. Ma la nuova presa di posizione di Giovanni Toti di fronte alla magistratura che lo ha spedito agli arresti segna una svolta nella tangentopoli ligure. Perché il pensiero del presidente, finora improntato a una contrapposizione totale con chi lo accusa di corruzione e voto di scambio, adesso potrebbe riassumersi così: «Prometto di non farlo più».

 

Il ragionamento del governatore ai domiciliari nella sua villa di Ameglia dallo scorso 7 maggio, naturalmente, è molto più complesso e articolato. Lo è sia nell’istanza per tornare libero ormai respinta dalla giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni, sia nell’appello appena presentato al tribunale del Riesame, che ricalca diversi passaggi passati al vaglio della Gip.

 

 

Proprio nella prima richiesta di revoca dei domiciliari, scritta di suo pugno insieme all’avvocato Stefano Savi, Toti sottolinea un ipotetico futuro politico ancora a capo della Regione: «Anche laddove fossero individuabili o individuate eventuali occasioni per la richiesta di finanziamenti, ovvero situazioni di stallo o di conflitto da risolvere nell’ottica dell’interesse pubblico, è da escludere che Giovanni Toti possa nuovamente, con immutato approccio, interessarsi di tale vicende o, semplicemente, chiedere a privati dei finanziamenti». È il cuore dell’inchiesta: i bonifici dell’imprenditore Aldo Spinelli subito dopo gli incontri sullo yacht per oltre 74mila euro e quei “promemoria” del presidente a scio’ Aldo in occasione dei loro discorsi sugli affari («ricordati che sto aspettando una mano») per l’accusa sono prova della corruzione.

 

Toti invece in cuor suo continua a considerare tutto legittimo, alla luce del sole. E infatti la premessa è sempre la stessa: il governatore «al momento dei fatti» era «fermamente convinto d’aver agito per il bene dell’interesse pubblico» e di essersi mosso «nel rispetto formale delle regole». Però adesso «Giovanni Toti è perfettamente consapevole delle accuse a lui mosse e delle concrete condotte contestate: la sua volontà di non violare alcun divieto e di non tenere comportamenti anche solo astrattamente rilevanti dal punto di vista penale, lo farà certamente astenere dal proseguire con modalità che, la diversa lettura data nell’ambito di questo procedimento considera illecite o comunque non dovute».

 

Il primo, timido passo di Toti — «non è assolutamente una ammissione di colpevolezza», ribadisce Savi — arriva negli stessi giorni in cui la Procura ha espresso parere favorevole a una serie di incontri ai domiciliari con tre gruppi di politici, richiesti dal governatore alla giudice che oggi darà la sua risposta.

 

I primi due blocchi sono formati da personalità con incarichi locali: i membri della Lista Toti (il fedelissimo Giacomo Giampedrone, il presidente ad interim Alessandro Piana, l’assessore Marco Scajola) e i tre leader regionali dei partiti della sua coalizione (il viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi per la Lega, il deputato Matteo Rosso per Fratelli d’Italia, Carlo Bagnasco per Forza Italia). Riguardo a questi gruppi, l’unica prescrizione della Procura è la presenza della Guardia di Finanza “sull’uscio” di casa Toti per verificare che le persone in arrivo siano proprio quelle indicate nell’istanza. Naturalmente i militari non varcherebbero la soglia della villa di Ameglia e non ascolterebbero una parola del summit necessario, testuali parole di Savi, «al fine di maturare valutazioni volte ad assumere determinazioni politiche». Perché (e qui si torna all’istanza di revoca dei domiciliari) si tratta di una «fase amministrativa estremamente delicata per la Regione Liguria», fra «manovra di assestamento di bilancio, nota di aggiornamento al Def regionale e delle leggi collegate».

 

Più complicata la questione del terzo gruppo indicato dal presidente della Regione. Ridotto a Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, e Giuseppe Bicchielli, deputato di Italia al Centro. Con loro Savi ha indicato la possibilità di tenere l’incontro da remoto, in videoconferenza, proprio per ovviare al problema della distanza. Un sistema, però, che per la polizia giudiziaria sarebbe complicatissimo da monitorare senza commettere ingerenze nell’attività politica del governatore. Per questo i pm hanno indicato la necessità di tenere soltanto incontri in presenza. L’ultima parola adesso spetta alla giudice.

Sorgente: Il dietrofront di Toti: “Non chiederò più fondi ai privati per fare politica” – la Repubblica


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