Dopo tutti questi anni e lunghi mesi di trattative sotterranee con Washington, Assange ha però trovato un accordo: si è dichiarato colpevole dei reati che gli sono contestati in cambio della propria libertà. Il fondatore di Wikileaks “ha lasciato il carcere di massima sicurezza di Belmarsh la mattina del 24 giugno, dopo avervi trascorso 1901 giorni – si legge in un comunicato pubblicato sull’account X dell’organizzazione – Gli è stata concessa la libertà su cauzione dall’Alta corte di Londra ed è stato rilasciato nel pomeriggio all’aeroporto di Stansted, dove si è imbarcato su un aereo ed è partito dal Regno Unito”.
Negli scorsi mesi non era circolata alcuna indicazione di una possibile intesa tra le parti. La giustizia britannica continuava a rimandare una decisione definitiva, mentre era noto solo che tra gli avvocati di Assange e gli Stati Uniti fosse stata avviata una trattativa per evitare che il 52enne australiano dovesse passare il resto dei propri giorni in un carcere di massima sicurezza americano. Fondamentale, nel corso di tutti questi anni, come si ricorda anche dal profilo X di Wikileaks, è stata la campagna di sostegno internazionale che non ha mai permesso di abbassare l’attenzione sul caso Assange: “Questo è il risultato di una campagna globale che ha coinvolto organizzatori di base, attivisti per la libertà di stampa, legislatori e leader di tutto lo spettro politico, fino alle Nazioni Unite – si legge – Ciò ha creato lo spazio per un lungo periodo di negoziati con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti che ha portato a un accordo che non è stato ancora formalmente finalizzato. Assange dopo più di cinque anni in una cella di 2×3 metri, isolato 23 ore al giorno, presto si riunirà alla moglie Stella Assange e ai loro figli, che hanno conosciuto il padre solo da dietro le sbarre”.
Articolo in aggiornamento