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La partecipazione al voto scende al 40%, il dato più basso nella storia della Repubblica Islamica. Il medico moderato primo con il 43%. Al secondo turno la battaglia è contro l’islamista contrario alle aperture

di Gabriella Colarusso

La scommessa del Nezam, il Sistema, era riportare gli iraniani alle urne dopo il crollo storico dell’affluenza nelle precedenti elezioni e il divorzio politico con i giovani e le donne del Movimento. Un “test importante” per la tenuta della Repubblica Islamica, l’aveva definito ieri la Guida Ali Khamenei, esortando gli iraniani a votare per il nuovo presidente nelle elezioni anticipate convocate dopo la morte di Ebrahim Raisi. La risposta degli iraniani è stato un sonoro schiaffo al Sistema. I risultato ufficiali dicono che la scommessa è persa. La partecipazione è crollata ancora, al 40%, ben al di sotto di quel 48% che nel 2021 consegnò la vittoria a Raisi e che era già il dato di affluenza più basso nella storia della Repubblica Islamica.

 

Un messaggio inequivocabile per l’establishment clerico-militare che ha chiuso sempre di più le maglie delle libertà sociali e civili, limitando anche questa volta la competizione elettorale a pochi candidati scelti dal consiglio dei Guardiani, il conclave di anziani religiosi nominato per metà da Khamenei. A poco è servita anche la piccola apertura di aver consentito la candidatura di un riformista, dopo anni di confino politico-elettora

Si andrà dunque al ballottaggio venerdì prossimo in un Paese disilluso e distante. Per il riformista Masoud Pezeshkian il compito è storico: evitare che alla presidenza arrivi l’ultraradicale Saeed Jalili, un uomo le cui posizioni estreme preoccupano anche i conservatori più moderati.

 

Pezeshkian, 69 anni, medico ed ex ministro della Salute, è stata la sorpresa di questa elezione. La scarsa affluenza, che di solito premia i conservatori, l’ha spinto al 43%. Non è un riformista radicale. Si è presentato come candidato fedele a Khamenei, non ha parlato di riforme costituzionali ma ha puntato sull’onestà e la buona amministrazione, promettendo aperture su alcuni temi cari ai giovani iraniani come l’opposizione al velo obbligatorio, e sul dialogo con l’Occidente. Vorrebbe riportare l’Iran nel sistema Fatf, che richiederebbe riforme per la trasparenza finanziaria a cui gli ultraconservatori si sono sempre opposti. Ha il sostegno dell’apparato riformista, dall’ex presidente Khatami all’ex ministro degli esteri Zarif e dei loro sostenitori, anche giovani, ma non dell’ala più movimentista e di tutta quella società civile che chiede riforme democratiche. Mousavi, l’ex leader dell’Onda verde ai domiciliari dal 2011, si è unito agli astensionisti, boicottando il voto. Lo stesso hanno fatto molti ragazzi del Movimento Donna, Vita,Libertà. «Non crediamo più nella possibilità di un cambiamento», dice lapidario Ali, 30 anni, di Teheran.

 

I conservatori sono arrivati divisi al primo turno e questo ha favorito il falco Jalili, che si è fermato al 38%. Teorico della cosiddetta “economia di resistenza” e contrario ai negoziati con l’Occidente, pur essendo stato lui stesso capo negoziatore durante la presidenza Ahmadinejad. C’è chi pensa che fu proprio la durezza delle sue posizioni a guadagnare all’Iran un’ondata di sanzioni. Jalili è convinto che le sanzioni si possano neutralizzare “puntando sulle forze nazionali”. Il suo è un mix di islamismo e autarchia, con posizioni molto rigide sulle libertà sociali. Pezeshkian potrebbe farcela. Resta fuori dalla corsa Mohammad Qalibaf, l’eterno candidato che aveva provato già 4 volte ad essere eletto. Speaker del Parlamento, era l’uomo dei Pasdaran, ma è scivolato su diverse accuse di corruzione e sullo “scandalo del baby shower”. In un’intervista tv sua figlia ha difeso un costoso viaggio di famiglia in Turchia durante la gravidanza per comprare regali per il bambino in arrivo, peraltro festeggiato con una tipica festa americana.

Sorgente: Iran, schiaffo al governo: crolla l’affluenza. Sorpresa Pezeshkian: il riformista sfiderà il falco Jalili al ballottaggio – la Repubblica


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