La premier parla di “conventio ad excludendum” nelle comunicazioni alla Camera in vista della riunione del Consiglio europeo. Tensione con Tajani che avverte Von der Leyen: No ai Verdi, abbiamo chiesto di aprire ai Conservatori”
di Lorenzo De Cicco
Un’ora filata di discorso, quasi tutto contro l’Europa. Toni da comizio, frustrazione per l’esclusione dalle nomine di Bruxelles, tra colpi di tosse (la premier è alle prese con una brutta influenza) e richiami in romanesco ai suoi (“regà, arzateve”).
Giorgia Meloni arriva alla Camera alle 9, deve riferire sul Consiglio europeo che prende domani il via nella capitale belga. Da 24 ore, socialisti, popolari e liberali hanno chiuso l’accordo per il quartetto apicale dell’Unione. L’Italia non ha toccato palla.
Nell’emiciclo di Montecitorio, la premier non dice come voterà in Consiglio. Né cosa faranno i suoi Conservatori, chiamati a votare all’Europarlamento la fiducia bis a Ursula von der Leyen. Ma dai chiodi su cui batte Meloni davanti ai deputati, si percepisce, molto chiaramente, la delusione, che a tratti pare diventare risentimento.
L’Ue che tratteggia in Aula Meloni è mostrificata: un “gigante burocratico”, “invasivo”, intriso di “ideologia”, come quella sulle politiche Green. Per la premier, starebbero prevalendo “le logiche di caminetto”. L’insoddisfazione è figlia del patto siglato dagli altri leader, senza l’Italia.
“Alcuni – dice Meloni – hanno sostenuto che non si debba parlare con alcune forze politiche. Le istituzioni Ue sono state pensate in una logica neutrale. Gli incarichi apicali sono stati affidati tenendo in considerazione i gruppi maggiori, indipendentemente da logiche di maggioranza e opposizione. Oggi si sceglie di aprire uno scenario nuovo e la logica del consenso viene scavalcata da quella dei caminetti, dove una parte decide per tutti”.
Meloni ammette l’esclusione. Parla, testuale, di “una “conventio ad excludendum” che a nome del governo italiano ho contestato e non intendo condividere”. Per la presidente del Consiglio, dal voto nel Continente è emersa “la bocciatura delle politiche portate avanti dalla forze politiche al governo in molti della grandi nazioni europee, che sono anche in molti casi le forze che hanno impresso le politiche europee degli ultimi anni”. Ma “l’Europa non sembra comprendere la sfida che ha di fronte o la comprende ma preferisce in ogni caso dare priorità ad altre cose”. E “l’errore che si sta per compiere”, sostiene Meloni, porterebbe “a una maggioranza fragile e destinata ad avere difficoltà nel corso della legislatura”, “un errore importante non per la sottoscritta oppure per il centrodestra, neanche solo per l’Italia, ma per l’Ue”.
Meloni soffia sul sentimento anti-Ue. Rimarca che “il livello di attenzione e di gradimento tra i cittadini europei per le istituzioni comunitarie è sempre più basso, si è visto con l’astensionismo”. Ma ora “le classi dirigenti europee sembrano purtroppo tentate dal nascondere la polvere sotto il tappeto, dal continuare con vecchie e deludenti logiche come se nulla fosse accaduto”. Qualche timida apertura a von der Leyen traspare, però. Meloni apprezza la svolta sull’immigrazione. Propone una delega in commissione anti-burocrazia. Sottolinea l’impegno nel sostenere l’Ucraina (e qui Tajani applaude, Salvini no).
Giorgia Meloni alla Camera ricorda Satnam Singh e sollecita Salvini e Tajani: “Raga,’ alzateve pure voi”
L’unico momento in cui tutto l’emiciclo pare convergere è il ricordo di Satnam Singh, il bracciante morto a Latina. «Un episodio che mi ha lasciato esterrefatta, una morte orribile e disumana per il modo atroce ma ancor di più per l’atteggiamento schifoso del suo datore di lavoro. Questa è l’Italia peggiore. La piaga del caporalato è tutt’altro che sconfitta”. Tutti i deputati applaudono, molti si mettono in piedi. Salvini e Tajani no. E la premier li richiama, intercettata dal microfono aperto: “Regà arzateve pure voi”. Tajani: “Ho fatto i visti per la famiglia”. Meloni: “Sì, bravo”.
Il vicepremier forzista, a discorso finito, in Transatlantico sembra lanciare qualche avvertimento alla presidente del Consiglio. “Meloni deve tenere conto di tutte le forze di maggioranza. Noi siamo per il sì al bis di von der Leyen. Non credo che l’Italia possa dire no”. Quanto al dibattito tra Popolari e Socialisti, avvisa il segretario di FI, “se aprono anche ai Verdi siamo contrari e con noi la maggioranza si perderebbe anche un altro pezzo di Ppe a cominciare dai tedeschi. Noi abbiamo chiesto di aprire ai Conservatori”.
E anche nelle repliche la premier non cambia i toni. “Io non faccio inciuci con la sinistra, non in Italia, non in Europa. Il patto stabilità non credo possa definirsi un inciucio. Ritengo che un inciucio sia guidare un governo, essere sfiduciati e mettersi d’accordo con l’opposizione per restare al governo”, dice Meloni.
Mattarella: “In Ue non si può prescindere dall’Italia”
“Non si può prescindere dall’Italia”. Lo dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a quanto si apprende, nel corso della colazione di lavoro al Quirinale con la premier Giorgia Meloni ed alcuni ministri, in vista del Consiglio europeo che da domani prenderà il via a Bruxelles. Una dichiarazione che giunge pur facendo presente che non è compito del Presidente entrare nelle dinamiche politiche Ue di questi giorni.
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