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Cresciuto nell’America rurale, 39 anni, oggi senatore dell’Ohio, l’autore di “Elegia americana” è contrario all’aborto e ai diritti delle persone Lgbtq+

«Mio nonno era un ubriacone, mia nonna gli dava da mangiare spazzatura o lo bagnava di nafta per reazione, mia mamma era drogata da psicofarmaci ed eroina, un compagno al giorno, papà presto divorziato, la povertà tradizione di famiglia»: queste le prime memorie di J.D. Vance, 40 anni il prossimo 2 agosto, senatore repubblicano dell’Ohio, ex caporale in Iraq, Second Marine Aircraft Wing, ora candidato vicepresidente con Donald Trump alla Casa Bianca contro Joe Biden e Kamala Harris.

 

 

La scelta di Vance rende il ticket del Grand Old Party trumpiano più ostico da attaccare per i democratici, perché nato in miseria in Ohio, autore di una biografia best seller Elegia Americana (tradotta da Garzanti, il titolo originale “Hillbilly Elegy” suona “Elegia del bracciante”), portata sugli schermi dal regista Ron Howard, Gabriel Basso nella parte del protagonista, Vance arriva grazie ai sacrifici della nonna, «dura come un serpente», alla laurea in legge a Yale University, dove nessuno dei “cafoni hillbilly” sogna di studiare.

 

Vance ha pedigree politico incredibile per la giovane età. Mentre i coetanei, dai monti Appalachiani alle periferie di Cincinati e Middletown, finiscono vittime di droghe e fentanyl, disoccupati, divorziati, alcolizzati, vittime di stress post-traumatico, la fede americana antica, cavarsela da soli, lo porta a giurare Semper FI, sempre fedele ai Marines, e vedere in prima linea la sconfitta della guerra al terrorismo lunga dal 2001 di Bush figlio, alla ritirata da Kabul di Biden, 2021.

 

Tornato a casa, avvocato, va a lavorare in California per Peter Thiel, uno dei pochi ricchi di Silicon Valley di destra trumpiana. Ma il giovane Vance, registrato democratico fino al 2014, non crede nel 2016 alla crociata del leader di oggi, anzi, la combatte con asprezza scrivendo sul quotidiano progressista The Guardian; «Sono un repubblicano “Mai con Trump”. Trump è droga, eroina culturale che seduce la classe operaia Usa e ne corrompe la cultura politica» fino a votare per il candidato indipendente McMullin fra Clinton e Trump.

 

Ad avvicinare Trump e Vance è il finanziere Thiel, persuaso delle qualità dell’ambizioso collaboratore. Quando J.D. Vance si candida al Senato, nel 2022, molti repubblicani provano a tagliargli la strada alle primarie, e sono i soldi di Thiel, 17 milioni in spot tv, a riportarlo in testa finché, a due settimane dal voto, Trump dimentica gli insulti e concede l’agognato endorsement all’ex marine. Da allora i due sono inseparabili, con il figlio dell’ex presidente, Donald jr. a battersi perché il posto di vice andasse all’amico J.D.

 

Brillante, maestro di scrittura e oratoria, aspro sui social (ha indicato in Biden il mandante dell’attentato di Butler) capace di ribattere ai democratici «voi parlate di poveri, io son stato povero, voi date sussidi ai poveri, io dico diamo loro lavoro e scuola», J.D. Vance sarà osso duro nella campagna, portando alla ribalta la generazione nata negli anni ’80 del secolo scorso e offrendo a Trump, figlio di un ricco e per questo criticato, un vicepresidente che si è fatto da solo, in pace e in guerra, e conosce le sofferenze delle famiglie bianche senza laurea, la base formidabile trumpiana.

 

Lo scorso 23 aprile, quando il Senato vota 61 miliardi di aiuti militari all’Ucraina nella guerra contro la Russia, Vance legge un discorso critico, obiettando che non c’è soluzione militare al conflitto. «Nel 2003 — dice commosso Vance — ho commesso l’errore di sostenere la guerra in Iraq, arruolandomi nei Marines. Ho servito il mio Paese con onore, ma in Iraq ho capito che mi hanno mentito, che le promesse della classe dirigente sulla politica estera sono una balla colossale».

 

Il presidente Zelensky non avrà, se eletto, un alleato in Vance, troppo scettico sull’internazionalismo e, come tanti colleghi repubblicani al Congresso, isolazionista, ostile alle guerre, freddo sull’Europa, vedremo sulla Nato. Il sovranismo neutralista, categoria strategica difficile da interpretare nel vecchio Continente, la delusione per l’Iraq e l’Afghanistan, faranno del caporale Vance un partner ispido per l’atlantismo attaccato da Putin e per gli europei.

 

Duro sull’emigrazione irregolare, J,D. Vance ha sposato una studentessa di legge indiana, immigrata, Usha Chilukuri, con cui ha tre figli, «è lei a prendermi in giro se mi monto la testa» e, di nuovo, non sarà facile per la campagna di Biden attaccarlo sul tema. Nemico del diritto di scelta delle donne sull’aborto e della cultura LGBT+ in radice, presto partiranno i primi spot avversi in proposito, J.D. Vance è figura di conservatore americano all’antica, senza privilegi, rampollo della nazione tradizionale, persuaso che con la fatica il cittadino povero riesca ad emergere anche nel nostro secolo: quanto questa storia antica abbia forza oggi lo vedremo a novembre, ma Donald Trump ha scelto bene il suo campione, un Hillbilly alla Casa Bianca.

Sorgente: J.D. Vance, chi è il vice di Trump che incarna l’isolazionismo Usa – la Repubblica


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