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La premier teme che lo scontro possa andare avanti e scaricarsi su alcuni provvedimenti da varare nelle prossime settimane

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A Palazzo Chigi c’è aria di ultimatum. Giorgia Meloni è irritata a dir poco per lo scontro tra i due vicepremier, che continua a crescere di intensità. Per la premier la diversità di vedute (e di voti) sulla collocazione in Europa è una ricchezza anche sul piano interno, ma il continuo duello e i toni aggressivi che oppongono leghisti e forzisti rischiano di ripercuotersi sulla tenuta del governo e questo la presidente del Consiglio certo non può consentirlo. Ad accrescere l’irritazione della premier è il fatto che l’ultima aspra contesa tra Matteo Salvini e Antonio Tajani arriva dopo un severo altolà, che la leader della destra aveva recapitato ai due vice all’indomani del voto di Strasburgo.

«Adesso è più che mai importante non dividersi, lavorare con la massima unità al programma di governo e dare un’immagine di compattezza, evitando polemiche inutili e non prestando il fianco agli alleati», è il senso del messaggio che la premier aveva inviato ad «Antonio» e a «Matteo» dopo il verdetto europeo sulla riconferma di Ursula von der Leyen. Un voto che ha certificato la spaccatura dell’alleanza. Ebbene, i due leader di Lega e Forza Italia hanno promesso alla premier che avrebbero abbassato i toni, ma appena due giorni dopo la rivalità ha ripreso il sopravvento.

Il ministro dei Trasporti non ha digerito l’accusa di essere «irrilevante» in Europa con i Patrioti di Le Pen e Orbán e ha rinfacciato al suo omologo di aver votato «con la Schlein per una poltrona». A quel punto Tajani ha colpito duro a sua volta, ricordando a Salvini che gli eurodeputati leghisti si sono espressi, su «Ursula», come i suoi più acerrimi avversari: Ilaria Salis, Nicola Fratoianni e Carola Rakete.

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Lo scontro continuerà. E la premier lo ha capito, tanto da aver incaricato il vicecapogruppo di FdI al Senato, Raffaele Speranzon, di lanciare forte e chiaro l’ultimatum dei meloniani: è ora che Salvini e Tajani la smettano di far roteare gli stracci, altrimenti nella sala comandi di Palazzo Chigi metteranno il dito sul tasto «tutti a casa». Non è la prima volta che Giorgia Meloni avvisa gli alleati e il leitmotiv suona così: «Non sto qui per scaldare la sedia». A questo punto un vertice a tre Meloni-Salvini-Tajani si impone. A Palazzo Chigi c’è preoccupazione per i tanti decreti ancora da convertire in corsa. Per scongiurare inciampi in Aula su provvedimenti come il Codice della strada, il disegno di legge sulle carceri e il ddl sicurezza, l’alleanza non può perdere pezzi (cioè voti) e deve evitare il continuo sventolio di bandierine che finisce per rallentare i lavori.

Certo il clima è torrido e il capogruppo di FdI alla Camera Tommaso Foti evoca il rischio di dover resettare la maggioranza: «Tajani e Salvini? Sanno bene entrambi che il voto nel Parlamento europeo ha un significato politico del tutto diverso rispetto al voto di fiducia nel Parlamento italiano». Quanto alla diversità di vedute sulle alleanze a Strasburgo, Foti ricorda che anche a sinistra hanno i loro problemi: «Per una Schlein che vota la popolare von der Leyen, ci sono i deputati di Conte e Fratoianni che non la votano, così come non l’avrebbe votata Renzi». C’è un piccolo particolare che di certo al presidente dei deputati meloniani non sfugge e cioè che il centrosinistra è all’opposizione, mentre le divisioni della maggioranza in Europa (e in Italia) rischiano di ostacolare la velocità e l’efficienza del governo.

Tra i ministri e i dirigenti di FdI la lettura condivisa è che la premier sia «furibonda» soprattutto con Salvini, che l’ha pressata per tutta la campagna elettorale europea e continua a farlo un giorno sì e l’altro pure. Raccontano che anche Tajani sia a dir poco stufo dei tweet e dei post di leghisti e alleati vari, in cui il leader di Forza Italia viene dipinto come un «traditore che si allea con i comunisti» per aver votato von der Leyen. La competizione elettorale è fortissima.

A sentire un’autorevole fonte di governo, di rito meloniano, «Matteo Salvini ha il problema del generale Vannacci che è stato scaricato dai Patrioti e Antonio Tajani subisce il pressing dei figli di Berlusconi, e quindi per restare in piedi nei sondaggi i due sono costretti a battibeccare». Gli ultimi termometri del consenso danno in crescita Forza Italia e in calo la Lega.

Sorgente: L’irritazione di Meloni per la bagarre tra i vice. L’idea è di un ultimatum | Corriere.it


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