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Ogni volta che accade un episodio di violenza squadrista le persone si svegliano: ma va, sono squadristi? E ogni volta parte il dibattito se sia doveroso sciogliere questo tipo di associazioni che al momento godono del riconoscimento legale. Succede anche oggi, dopo l’aggressione del giornalista Andrea Joly a Torino mentre riprendeva una manifestazione di CasaPund. E ora dove sono Mentana, Formigli, Porro e Borgonovo (fra gli altri) che presentavano libri o partecipavano a eventi nelle sedi dei militanti di estrema destra?

La lingua italiana ha un termine per definire un’aggressione come quella subita a Torino dal giornalista de La Stampa Andrea Joly all’esterno dell’associazione Asso di Bastoni frequentato da militanti dell’estrema destra: squadrismo. Sono stati identificati due appartenenti a CasaPound, ma nel video pubblicato da La Stampa gli aggressori sono quattro, contro uno: squadrismo. Che più o meno significa più persone contro una e che sfugge dalle definizioni di codardia perché, nel fascismo, era considerato uno strumento di lotta politica: l’agguato di più persone contro una era la maniera più efficace per intimidire, o peggio ovviamente, un avversario politico. CasaPound, come altri circoli di estrema destra, conservano questa “tradizione”. Curiosamente ritengono che nello squadrismo siano espresse forza, vitalità, virilità, dignità, orgoglio, appartenenza. Ogni volta che accade un episodio di violenza squadrista le persone si svegliano: ma va, sono squadristi? E ogni volta parte il dibattito se sia doveroso sciogliere questo tipo di associazioni che al momento godono del riconoscimento legale.

Il giornalista Andrea Joly aggredito da appartenenti di CasaPound di Torino
Il giornalista Andrea Joly aggredito da appartenenti di CasaPound di Torino

A queste proposte si ribatte che anche i movimenti estremisti di sinistra ricorrono alla violenza. Il che è vero. Ma non ricorrono allo squadrismo. E tra rissa e squadrismo la differenza è abissale. Almeno credo e almeno mi piacerebbe che se ne parlasse. Quando pure se ne ha l’occasione, come fu nel caso del monologo di Antonio Scurati, si preferisce passare sul livello personale, che fa comodo a tutti: all’autore e ai suoi libri, agli editori, alla classe politica che ci marcia sopra, ai giornali che devono vendere le loro copie e gli approfondimenti sono noiosi mentre parlare alla “pancia” su “chi censura chi” produce articoli che creano hype momentanei. Ma della violenza in politica vogliamo parlarne o no? O bisogna limitarsi alla cronaca e poi sperare che i lettori si facciano un’idea da soli discutendone al bar? (Io sono un esperto delle discussioni da bar. Vince chi offre le birrette). Certo, è difficile, mi rendo conto, aprire un dibattito sulla violenza in politica quando è rimasta una notizia di cronaca le botte che si sono dati in parlamento poco tempo dopo che Igor Iezzi cercava di saltellare sulle spalle degli “onorevoli” colleghi dando pungi in aria e – forse – colpendo Leonardo Donno. E certo è ancora più difficile parlare di violenza nella politica quando a CasaPound sfilano un po’ tutti i giornalisti con più visibilità, a dibattere o a presentare i loro libri. Tempo fa ci fu una polemichetta senza strascichi quando nella sede romana di CasaPound, a confrontarsi con l’allora leader del movimento neofascista, Simone Di Stefano, andarono Enrico Mentana e Corrado Formigli. La polemica fu spenta con le parole d’uopo: “Bisogna dibattere anche e soprattutto con chi non la pensa come noi”. Sì, ovvio, ma si può dibattere con chi pratica lo squadrismo in politica?

Enrico Mentana e il dibattito a CasaPound
Enrico Mentana e il dibattito a CasaPound
Corrado Formigli e il dibattito a CasaPound
Corrado Formigli e il dibattito a CasaPound

Credo questo sia il punto focale, non confrontarsi con le opinioni che è ovvio vadano dibattute con le persone che la pensano diversamente, altrimenti non si chiama dibattito ma pomp*ni a vicenda. Il salotto di CasaPound è ovviamente stato frequentato, negli anni, anche nomi come Nicola Porro e Francesco Borgonovo, sulle quali meno polemica si è fatta per ovvie ragioni di similappartenenza (ho detto “simil”). Bene. Se coloro i quali hanno la possibilità di discutere e ragionare sul tema della violenza in politica, poi vanno ospiti da chi la violenza la pratica, come la mettiamo? Dove la mettiamo? E, soprattutto, dove la prendiamo? Anche perché, mi sembra, a proposito di questa storia tesa accaduta ad Andrea Joly sia in atto una lettura che fa vacillare la mente. Sembra infatti che il problema dell’informazione, dell’opinioni pubblica e della politica si stia concentrando sul fatto che ad essere aggredito sia stato un giornalista. Probabilmente i vari Mentana e Formigli sono preoccupati di essere picchiati anche loro. E così il dibattito vira in maniera delirante sul “non si tocca un giornalista”. Invece, nei confronti di tutti coloro che giornalisti non sono, è lecito o quantomeno comprensibile usare violenza politica? Ne vogliamo parlare o ci sono altri argomenti in cronaca con più hype?

 

 

(Ottavio Cappellani – mowmag.com)

Sorgente: Perché nessuno ha mai sciolto CasaPound? – infosannio – notizie online


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