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di Alessia Candito

In sei devono rispondere di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Sono accusati di essere venuti meno al “prioritario, fondamentale, ineludibile obbligo di salvaguardare la vita in mare”

Tutti avevano “il prioritario, fondamentale e ineludibile obbligo di salvaguardare la vita in mare anche rispetto a condotte imprudenti negligenti e imperite degli scafisti”, per questo per la strage di Cutro del 26 febbraio del 2023 quattro ufficiali e sotto ufficiali della Guardia di Finanza e due della Guardia costiera dovranno tutti rispondere di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo”. Per il pm Pasquale Festa della procura di Crotone, che ha formalmente dichiarato chiusa l’inchiesta, sono tutti venuti meno al comandamento numero uno del soccorso marittimo: safety first, la sicurezza prima di tutto.

 

 

A ricevere l’avviso di conclusione indagini per la Finanza sono stati Giuseppe Grillo, capo turno della sala operativa del Comando provinciale di Vibo Valentia della Guardia di finanza e del Roan; Alberto Lippolis, comandante del Roan di Vibo Valentia; Antonino Lopresti, ufficiale in comando e controllo tattico nel Roan di Vibo Valentia; Nicolino Vardaro, comandante del gruppo aeronavale di Taranto.

Per la Guardia Costiera, le responsabilità secondo i magistrati vanno cercate anche oltre l’ambito strettamente territoriale. Ecco perché oltre a Nicola Nania, ufficiale di ispezione nel centro secondario di soccorso marittimo di Reggio, fra gli indagati c’è anche Francesca Perfido, ufficiale di ispezione in servizio nel Centro di coordinamento italiano di soccorso marittimo di Roma.

Frontex lo aveva segnalato, tutti sapevano del caicco

Tutti sapevano che quel caicco era vicino, tutti sapevano che presumibilmente aveva a bordo migranti perché “era stata tempestivamente segnalata dall’agenzia europea Frontex in navigazione verso le coste calabresi”. Eppure nessuno ha assicurato il doveroso soccorso, nonostante avessero “riscontrato, o comunque ritenuto sussistenti, difficoltà nella navigazione”, tanto che un pattugliatore non aveva neanche mollato gli ormeggi e una motovedetta era stata costretta a rientrare, così come sapevano che il radar era cieco oltre le 12 miglia “non essendoci personale in grado di ampliare la zona di massima copertura”. E tutto questo in un contesto in cui la Guardia costiera – ricostruiscono i magistrati – si era detta disponibile a dare supporto, ma non ha mai effettivamente verificato che la Gdf fosse in grado di operare.

 

 

La catena di “negligenza, imprudenza e imperizia” che ha condannato 98 persone

Per “grave negligenza, imprudenza e imperizia” gli indagati sono accusati vario titolo di essere venuti meno all’imperativo di assicurare l’incolumità delle persone in mare, trasmettere tempestivamente le informazioni al centro di soccorso competente, incluso quelle relative alle informazioni meteo.

Anche in caso di operazioni di law enforcement, si ricorda nell’avviso di conclusione indagini, “l’azione di contrasto è sempre improntata alla salvaguardia della vita umana e al rispetto della persona”. Ma quella notte a Cutro questo non è avvenuto, così come nessuno si è occupato di assicurare il doveroso monitoraggio in acque internazionali che si prevede in caso di imbarcazioni “sospette” intercettate in acque internazionali.

Quelle persone si potevano e si dovevano salvare – emerge con prepotenza dalle carte – ma di loro nessuno si è curato, limitandosi a seguire procedure standard, impossibili a causa del meteo.

Le singole responsabilità degli indagati

Non lo ha fatto Lopresti, ufficiale in comando al Roan di Vibo Valentia che pur consapevole dell’impossibilità di navigare quella notte, disponeva l’intervento di una motovedetta e un pattugliatore già fermati dal maltempo, chiedeva supporto a Reggio Calabria senza informare il comando del mare impossibile e rispondeva “no grazie” alla Guardia Costiera che offriva supporto e due inaffondabili Cp immediatamente operative. Avrebbe dovuto nominare un responsabile della scena d’azione in grado di monitorare l’imbarcazione – ricordano i magistrati – ma non lo ha fatto, così come non ha debitamente informato di tutto questo la Guardia Costiera, autorità responsabile dei soccorsi.

La “precisa e negligente scelta operativa” di intervenire solo sottocosta

E quando il comandante Nicolino Vardaro ci ha messo più di due ore e mezzo prima di eseguire l’ordine di far muovere il pattugliatore della Finanza, Lo Presti è rimasto inerte e lo stesso ha fatto il comandante Luppolis, che avrebbe potuto e dovuto avocare a sé l’intera operazione. Di fatto, invece di assicurare assistenza all’ingresso in acque italiane, si è deciso di prendere tempo, aspettando fino “all’ultimo momento utile per intercettare il target in prossimità della costa”, a due o tre miglia nautiche.

Traduzione, consapevolmente si è deciso di rischiare che quel caicco si dirigesse verso “un approdo insicuro (spiaggia) con il rischio di collisione con il fondale”. E per i magistrati è stata “precisa e negligente scelta operativa”.

“Li attenderemo mare permettendo”

“Abbiamo una nostra vedetta, la 5006, che l’attenderà mare permettendo” si limita a comunicare il capoturno Grillo alla Capitaneria di Porto di Reggio che aveva offerto supporto, pur essendo consapevole che altre barche della Finanza erano già state costrette a rientrare in porto. “Per il momento è un’operazione di polizia che stiamo valutando noi”, sottolinea.

Che qualcosa non quadrasse, da Reggio Calabria lo fanno sapere al centro di coordinamento e soccorso di Roma, cui Frontex aveva già segnalato la presenza di un barcone stracarico, senza dispositivi di sicurezza per passeggeri visibili, di apparecchiature di navigazione e comunicazione, come alla verosimile assenza di un equipaggio qualificato.

L’incurante negligenza degli ufficiali della Guardia Costiera

Più volte l’ufficiale di turno Spanò correttamente sottolinea con i suoi superiori che dalla Finanza, pur rifiutando il supporto offerto, hanno comunicato che avrebbero aspettato il caicco “mare permettendo” e “abbastanza sottocosta”. Ma tanto Perfido dal centro di coordinamento e soccorso di Roma, come Nania da Reggio Calabria non si sono preoccupati di verificare che la Gdf fosse effettivamente in grado di fare quanto assicurato.

“Se tutti avessero agito come di dovere, strage evitabile”

Per i magistrati, se tutti avessero agito come di dovere, la Guardia Costiera sarebbe intervenuta con le sue inaffondabili Cp, l’imbarcazione sarebbe stata intercettata e subito ci si sarebbe potuti rendere conto della presenza di più di 180 persone, incluso minori e neonati, e sarebbe iniziata la doverosa operazione di salvataggio. Ma nulla di tutto questo è successo, “impedendo in tal modo che il caicco fosse incautamente diretto dagli scafisti verso la spiaggia di Steccato di Cutro e in prossimità dell’approdo si sgretolasse urtando contro una secca”. Per omissioni, ritardi, scarico di responsabilità, anche Finanza e Guardia Costera devono rispondere di quel naufraguo che ha cancellato la vita di 98 persone.

Sorgente: Strage di Cutro tra omissioni, ritardi, silenzi: ecco perché anche Finanza e Guardia costiera per i magistrati sono responsabili – la Repubblica


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