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Via gli agenti che sorvegliano la sua stanza a Palazzo Chigi. E controlli sui commessi al piano della segretaria. «La premier si fida solo della sua scorta». E pensa a un superconsulente per la comunicazione

Alessandro D’Amato

La premier Giorgia Meloni è piuttosto nervosa. Da giorni i retroscena dei giornali raccontano che il caso Sangiuliano ha scatenato i retropensieri di Palazzo Chigi. Che ha parlato di una «regia occulta» dietro Maria Rosaria Boccia, mentre si affastellavano i collegamenti con la vicenda che ha coinvolto la sorella Arianna. Ovvero la fantomatica indagine per traffico di influenze di cui ha parlato Alessandro Sallusti e della quale non c’è traccia in tutte le procure d’Italia. Ora però c’è un salto di qualità. La premier non si fida più della polizia. E ieri mattina ha deciso di allontanare gli agenti dallo spazio adiacente la stanza della presidenza del Consiglio, che si trova al primo piano. Meloni ha così deciso di privarsi del dispositivo di sicurezza garantito dall’ispettorato in servizio permanente nel palazzo del governo.

 

Complotti e fughe di notizie

Una decisione che, racconta oggi La Stampa, è un inedito assoluto. Mai era successo prima nella storia della Repubblica che un presidente del Consiglio facesse a meno della polizia in borghese davanti alla porta del suo ufficio. Per controllare chi entra e chi esce e per accompagnarli. Ma la decisione è figlia del clima che si sta creando dall’inizio dell’estate. E i racconti su Boccia e sui suoi tentativi di avvicinare altri membri del governo – tra cui il ministro ed ex cognato Francesco Lollobrigida – hanno alimentato gli spiriti più complottisti che soffiano nell’orecchio della premier. Che quindi ieri ha comunicato la sua decisione all’ispettorato, senza fornire spiegazioni. Ha anche chiesto un maggiore filtro sui commessi più vicini al suo ufficio. Quelli che si trovano nel piano del capo segreteria Patrizia Scurti, ai sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari e al capo ufficio stampa Fabrizio Alfano.

 

La premier e la scorta

In realtà anche Mario Draghi a Palazzo Chigi chiese una selezione maggiore tra i dipendenti. Ma lo fece perché aveva notato con orrore uno di loro scamiciato e con il berretto dell’A.S. Roma. A quanto pare attualmente la premier si fida soltanto della sua scorta. Tra cui c’è Giuseppe Natoli detto Pino, il marito della segretaria Scurti. Lui ha selezionato gli altri poliziotti. Lasciando fuori molti degli addetti alla protezione personale della presidente del Consiglio. Oggi sono in ufficio a guardare le pareti. Il nuovo ordine di servizio, che sarà valido a partire da oggi 10 settembre, rivela lo stato d’animo di Meloni. Che aveva confessato in molte occasioni di «non fidarsi di nessuno». Anche nella conferenza stampa di fine anno ha parlato di un complotto ordito «da chi in questa nazione ha pensato di dare le carte».

Affaristi, lobbisti e un superconsulente

Ovvero «affaristi, lobbisti e compagnia cantante». Come di consueto, tante categorie e nemmeno un nome. Alla domanda «Con chi ce l’ha?» la risposta è stata: «Non fatemi dire di più». Intanto però la sindrome di accerchiamento è partita. E c’è anche l’ipotesi di una nuova assunzione nello staff. Con la carica misteriosa di “superconsulente”. Dovrebbe affiancare Fazzolari nella comunicazione. Per gestire proprio i segreti e i casi come quello di Sangiuliano. O come quello dell’auto di Giambruno. Una prospettiva che fa pensare a un’emergenza continua. O forse, appunto, soltanto a una premier troppo, troppo nervosa.


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