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Il 26 settembre è la giornata ONU contro le armi nucleari. Dalle ore sedici alle ore diciotto in LOC (lega obiettori di coscienza), via Mario Pichi, 1 – Milano, i Disarmisti esigenti, membri ICAN, propongono filmati sulla vicenda del colonnello sovietico Stanislav Petrov, che il 26 settembre 1983 salvò il mondo da una guerra nucleare per errore.


Per contatti e info: Alfonso Navarra cell. 340-0736871. LOC telefono fisso: 02-58101226   

1 – comunicato sulla iniziativa del 26 settembre “PETROV DAY” alla LOC di via Pichi – Milano

2 – commento di Alfonso Navarra sulla corsa al riarmo nucleare che va fermata, come propone la rete ICAN, anche tagliando e boicottando i finanziamenti per la “deterrenza”

3- articolo di Luigi Mosca, comparso anche su PRESSENZA, sul passaggio dalla proibizione alla eliminazione effettiva delle armi nucleari

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1 – comunicato sulla iniziativa del 26 settembre “PETROV DAY” alla LOC di via Pichi – Milano

Oggi, rispetto al periodo della guerra fredda, in cui avvenne l’episodio, questo rischio tende ad aggravarsi sia per il caos geopolitico (si pensi alle guerre sul territorio ucraino e in Medio Oriente), sia per i progressi tecnologici male indirizzati (miniaturizzazione delle armi, velocità ipersonica, intelligenza artificiale).
Le spese in armamenti nucleari vanno crescendo ed i 9 Stati dotati hanno superato nel 2023 la cifra di 90 miliardi di dollari per i loro arsenali.

Citiamo la petizione ( Ricordiamo Petrov No rischio nucleare – Petizioni.com) con la quale abbiamo proposto e proponiamo alle attiviste e agli attivisti pacifisti italiani di darsi da fare perché siano intitolate vie o piazze all’obiettore russo (obiettore dell’intelligenza!) per sensibilizzare sul crescente rischio nucleare.

La campagna ICAN (Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari), premio Nobel per la pace 2017, ha appena indetto, dal 16 al 22 settembre, una settimana di azione globale per dire basta alla spesa nucleare.

Sul sito ufficiale dell’organizzazione (ICAN – Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari (icanw.org) ) abbiamo la notizia che 73 Stati hanno già ratificato il Trattato di proibizione delle armi nucleari.

In Italia le forze aderenti ad ICAN lavorano per coinvolgere gli Enti Locali nell’ICAN PLEGDE (100 città, tra le quali la capitale Roma, grazie in particolare a WILPF Italia), cui attualmente aderiscono circa 30 parlamentari, nella modalità per essi predisposta.  

Un altro terreno di opposizione disarmista che si è aperto, con possibili implicazioni antinucleari, riguarda la decisione di installare in Germania nel 2026 missili a raggio intermedio (da 500 a 5.500 km), che è anche frutto della disdetta del Trattato INF (Forze nucleari intermedie), dichiarata, nel 2019, dall’allora presidente USA Donald Trump.

A Berlino, il 3 ottobre 2024, è prevista una grande mobilitazione nazionale del movimento pacifista tedesco. Su questo punto dei cosiddetti EUROMISSILI l’esperienza “storica” del Cruisewatching a Comiso e in Europa, sviluppatasi dal 1984 al 1987,  dà l’indicazione di non mollare mai, fino al possibile, riconosciuto,  successo (allora costituito dalla firma del Trattato da parte di Gorbaciov e Reagan).

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2- commento di Alfonso Navarra sulla corsa al riarmo nucleare che va fermata: basta, come propone ICAN, con il finanziare le armi “atomiche”!

Nel conflitto per interposta Ucraina tra la NATO e la Russia, sta crescendo il rischio di un confronto armato aperto tra grandi potenze nucleari. Le rinnovate, spesso esplicite, minacce di Putin di impiegare testate “tattiche” se, da una parte, mostrano che non ci stiamo dirigendo verso la fine del conflitto nel quadro del diritto internazionale, dall’altra aumentano il rischio di errori di calcolo. (Anche se molti analisti confidano in un relativo stallo sulle linee del fronte e in una svolta rappresentata da un nuovo presidente degli USA, che sarà eletto il prossimo novembre).

Non vanno sottovalutate le dichiarazioni di Putin del 25 settembre 2024 riportate da un dispaccio ANSA.  Si annuncia una revisione della dottrina nucleare. Un attacco contro la Russia condotto con razzi, droni, aerei, armi aeree e spaziali, e quanto altro, da un Paese che non dispone di bombe atomiche ma “con la partecipazione o l’appoggio di uno Stato nucleare” potrà essere considerato “una aggressione congiunta contro la Federazione russa”.  Questo atteggiamento del Cremlino, si badi bene, viene scritto nero su bianco, “perché – dice Putin – siamo obbligati a tenere conto di nuove fonti di minacce”. Ecco quindi che si parla della possibile risposta nucleare, magari una esplosione dimostrativa in mare, a un’azione ucraina appoggiata da Stati Uniti e Paesi nucleari europei.

(Si vada su: https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2024/09/25/putin-risposta-nucleare-in-caso-di-un-attacco-aereo-massiccio_1900a305-8ce0-4ead-adba-ba15a381a5bd.html )

La retorica della deterrenza, a differenza che durante la Guerra Fredda, comincia a farsi minaccia concreta di impiego, sfortunatamente un giorno sì e l’altro pure; e non possiamo ignorare la pericolosità della nuova situazione del confronto internazionale, che potrebbe portarci ad avventure senza ritorno.

Nonostante i trattati sulle armi nucleari, si stima che nel mondo oggi ci siano 12-13.000 testate “atomiche”. E due Stati con armi nucleari sono direttamente in guerra (Russia e Israele). Il quinto Rapporto ICAN sulla spesa globale nucleare fa emergere dati che indicano un aumento importante nel 2023 delle spese per l’ammodernamento dell’arsenale nucleare (insieme a quello dei caccia per il loro trasporto). I 91 (circa) miliardi di dollari stimati  equivalgono a oltre 173 mila dollari al minuto.

Il rapporto, dal titolo “Surge: 2023 Global nuclear weapons spending”, è scaricabile al seguente link:

https://www.icanw.org/surge_2023_global_nuclear_weapons_spending

La Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (ICAN – Premio Nobel per la pace 2017), network con più di seicento organizzazioni in 100 Paesi impegnate nella lotta per l’abolizione delle armi nucleari – dal 16 al 22 settembre ha promosso la prima “Settimana di azione globale sulla spesa nucleare”. Noi, disarmisti esigenti, tra i membri italiani di ICAN, sosteniamo questa specifica iniziativa, anche se crediamo manchi in questo momento una capacità strategica più complessiva nell’indirizzare una più articolata gamma di azioni. E’ la necessità di un collegamento con la campagna “No first use” che – come è noto – caldeggiamo e che è al centro del working paper che abbiamo presentato al secondo meeting degli Stati parte del TPNW (dovrà essere illustrato al terzo meeting).

L’aumento di spesa che ha toccato oltre quota 90 miliardi è un avvertimento che lancia ICAN in quanto significa che, anche se il numero di testate non sta aumentando, i nove Stati dotati di armi nucleari stanno modernizzando i loro arsenali e quindi manifestano la loro disponibilità ad utilizzarli. Le minacce di impiego delle bombe atomiche, che – come si è detto – diventano esplicite, in particolare sull’Ucraina, dimostrano che, purtroppo, l’opzione nucleare in ambito militare si fa facendo concreta e i soldi investiti – nonostante la crisi economica – sono un indicatore abbastanza chiaro in questo senso.

Ecco la necessità di coinvolgere la società civile più ampia nell’impegno sul problema per accrescere la sua pressione sulle istituzioni che fanno orecchie di mercante. Sviluppare la sensibilizzazione e la discussione tra gli attivisti di base serve anche a far emergere quanto il tema delle spese nucleari sia strettamente connesso con quello del coinvolgimento, da boicottare, delle banche che finanziano il settore. E’ bene ricordare che il movimento per il disarmo nucleare è di antica data e che  è stata  proprio la società civile attraverso la rete ICAN ad avere fatto incardinare, nel 2017, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW). Il Trattato è in vigore il 22 gennaio 2021, ma va ricordato che l’Italia, insieme praticamente a tutti i Paesi NATO, ha votato contro l’adozione. Ed è scontato osservare che nessuna delle potenze nucleari ha finora aderito.  Ma esiste una differenza su cui lavorare relativamente alle strategie di impiego. Il non primo uso, proclamato finora soltanto dalla Cina, accompagnato con misure concrete, sotto controllo AIEA, di “deallertizzazione delle testate”, nell’interesse delle stesse potenze nucleari, può ridurre il rischio di guerra nucleare per errore.

91 miliardi costituiscono uno spreco scandaloso di risorse di fronte a oltre 2 miliardi di persone sotto la soglia di povertà nel mondo. E la politica dei governi distoglie lo sguardo da una sofferenza umana, a conti fatti rimediabile, per alimentare invece la prospettiva di una sofferenza ancora peggiore!  Le armi “atomiche”, in caso di utilizzo in guerra, sarebbero un fattore pregiudicante l’esistenza di gran parte della popolazione mondiale: non devasterebbero solo la zona di guerra dove verrebbero utilizzate. In caso di guerra nucleare allargata tra USA e Russia, la maggior parte dei morti, stimabili in miliardi di persone (se va bene!), non si produrrebbero quando esplodono le bombe bensì dopo, sia per le radiazioni che per il cosiddetto “inverno nucleare”: tutti gli studi più recenti lo dimostrano.

E’ così difficile capire, da parte dei potenti della Terra, che le risorse che ci sono possono essere spese non per la preparazione della morte, giustificata come “deterrenza” (in realtà genocidio programmato in cui tutti gli umani siamo tenuti ostaggi!), bensì per rafforzare la speranza di vita? Proviamo, facendo un esempio tra i tanti possibili,  a fare mente locale sul fatto che quasi 17 mila vaccini contro malattie infantili come il morbillo potrebbero essere somministrati con il valore della spesa di un solo secondo per le armi nucleari!  Ecco che emergerebbe con evidenza che si tratta quindi di scegliere come investire le risorse; di rendersi conto che i programmi sulle armi nucleari sottraggono fondi pubblici ai bisogni vitali (acqua, cibo) e ai servizi che rendono dignitosa la vita umana, dalla salute, all’istruzione, alla salvaguardia dell’ambiente.

A dire il vero, questo ragionamento può valere per la spesa militare in quanto tale, anche se, anche per ragioni di adeguamento alla coscienza generale, che è in ritardo sul cammino della nonviolenza, potrebbe essere operata una distinzione tra armi “offensive” ed armi “difensive”, inquadrabili in diversi tipi di “modelli di difesa”. La maggior parte dei fondi che pretendono di puntare alla pace preparando la guerra  possono essere invece utilizzati per coltivare la pace, per ridurre le disuguaglianze, per riparare i danni che l’umanità sta arrecando agli ecosistemi. La pace con la Natura anzi ha da essere considerata prioritaria, la condizione per una pace autentica e positiva tra gli esseri umani.

Attualmente l’Italia, firmataria dei trattati internazionali di non proliferazione e di controllo degli armamenti, non produce né possiede armi nucleari ma partecipa, insieme a Belgio, Germania, Olanda e Turchia, al programma di “condivisione nucleare” della NATO, esplicitamente finalizzato alla “guerra limitata al teatro europeo”.  Ne consegue, in virtù anche di trattati segreti con Washington, che testate nucleari si trovano ospitate sul suolo italiano, ma – al di là della favola sulla “doppia chiave” – sotto il totale controllo statunitense. A livello ufficiale non si conferma né si smentisce la presenza di testate nucleari americane nel nostro Paese che si troverebbero  nelle basi di Aviano (Pordenone) e Ghedi (Brescia). Per una stima numerica, da un po’ di anni, si parla generalmente, su un totale di 200 testate USA in Europa, di una cinquantina di testate in Italia.  Vi è poi il problema del via vai nei porti nucleari, dove attraccano navi e sommergibili che, in caso di crisi, potrebbero ospitare natanti “strategici” con a bordo armi nucleari.

Non è il momento – per una serie di condizioni oggettive e soggettive, di porre subito il problema dell’uscita del nostro Paese da una Alleanza Atlantica che, nella sua ispirazione profonda, comunque è contro lo statuto dell’ONU. Però possiamo e dobbiamo fare a meno, dopo il nucleare civile, anche del nucleare militare, come comunità nazionale che, a detta di tutti i sondaggi, ha una opinione pubblica largamente pacifista. Ce lo impone, oltretutto, il nostro dettato costituzionale (art. 11) e a maggior ragione, per quanto finora argomentato, prescindente dalle constatazione egoistica che in caso di guerra nucleare, con le nostre basi atomiche da segreto di Pulcinella, saremmo subito bersaglio di un attacco missilistico nemico. La nostra prospettiva di distruzione minacciata e subita si trova drammaticamente di fronte al silenzio delle istituzioni e di gran parte della politica, con i partiti che vediamo parlare di pace votando invece scelte di guerra.

In questo contesto urge disinnescare il conflitto ucraino e non ha alcun senso gettare benzina sull’incendio in corso con la fornitura di armi all’esercito di Kiev. Ed urge, senza parteggiare per Hamas, Hezbollah e gli ayatollah iraniani che le sponsorizzano, non agevolare Israele in una “autodifesa” che è vendetta con crimini di guerra, rendendosi complici con il tentativo di Netanyahu di incendiare il Medio Oriente per sfuggire ai processi che lo attendono.

In conclusione: la corsa verso il precipizio va arrestata nella consapevolezza che la deterrenza nucleare, in tutti i suoi aspetti, costituisce, al di là delle illusioni immediate, la “massima garanzia di insicurezza”: una mobilitazione globale dal basso è quindi indispensabile. È necessario che  i cittadini “facciano chiasso” e premano sui governi e le organizzazioni internazionali  per esigere un dialogo immediato tra le parti coinvolte e nuovi tavoli per il disarmo nucleare. La sicurezza collettiva non può essere costruita sulle minacce nucleari e sulle guerre, ma solo sulla diplomazia che ricerca le “paci possibili”.

Sorgente: petrovday2024 – DISARMISTI ESIGENTI


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