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I pm che hanno chiesto la condanna di Salvini hanno denunciato anche “anomalie” sui loro apparati tecnologici

di Lirio Abbate

Sono sotto attacco i magistrati che hanno sostenuto l’accusa nel processo contro Matteo Salvini, perché fin dalla conclusione della requisitoria sono stati oggetto di aggressioni feroci sui social, alimentate dalle dichiarazioni di esponenti della maggioranza a cominciare dal post della premier, Giorgia Meloni, che ha difeso il suo vice sul quale pende una richiesta di condanna a sei anni per sequestro di persona plurimo, omissione e rifiuto di atti d’ufficio. Tutto ciò ha provocato una sovraesposizione del procuratore aggiunto Marzia Sabella, e dei sostituti Geri Ferrara e Giorgia Righi bersagli di minacce e insulti. Si teme che questo clima infuocato, alimentato pure dall’assalto sferrato attraverso la costruzione tendenziosa e falsata che fanno alcuni opinionisti o politici parlando del processo Open arms, ancora in corso, possa nuocere alla sicurezza personale dei magistrati, vittime di una campagna di delegittimazione. Alle autorità competenti sono state segnalate pure “anomalie” che i magistrati hanno riscontrato su alcuni loro apparati tecnologici.

Il bersaglio dato in pasto all’opinione pubblica è diventata la toga (Sabella-Ferrara-Righi) che nell’aula di giustizia a Palermo ha illustrato ai giudici l’atto d’accusa contro il leader della Lega. Con questo processo si è rinnovata l’aggressione amplificata questa volta dai social e dai media, contro i magistrati di Palermo, che continuano a fare il loro lavoro, applicano le norme, seguono il codice penale e fanno rispettare la regola che “la legge è eguale per tutti”, nella linea che fu di Rocco Chinnici e Antonino Caponnetto, di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Però a tutto questo si aggiunge l’intimidazione istituzionale. Quello che viene portato avanti è un linciaggio che convince la parte più disinformata della popolazione che Salvini è vittima di una persecuzione delle toghe.

Le migliaia di messaggi di insulti e minacce indirizzati a Sabella, Ferrara e Righi hanno spinto la procuratrice generale di Palermo Lia Sava a rivolgersi al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, l’organo competente ad adottare misure di protezione. Ma occorre soprattutto far vedere, non solo per voce dell’Anm, l’associazione dei magistrati, che questi pm non sono lasciati soli a fare il loro lavoro respingendo gli attacchi politici. E non risulta fino a ieri sera che il Csm, il cui vicepresidente è Fabio Pinelli, indicato dalla Lega (il partito di Salvini), abbia aperto una pratica a tutela come fa di solito in alcuni casi in cui i magistrati vengono attaccati per i processi o le inchieste che conducono.

Per il processo Open arms Sabella, Ferrara e Righi hanno agito secondo la legge, e hanno proceduto in base alle indicazioni fornite dal tribunale dei Ministri, competente a giudicare i reati di esponenti del governo, e poi hanno agito con l’autorizzazione del Parlamento. E il dibattimento processuale che ne è seguito è stato pubblico, e pubbliche sono state le deposizioni dei testimoni che hanno portato in aula accusa e difesa, e in base a questi la procura di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia, ha tirato le somme e fatta la requisitoria con la richiesta di condanna. Evidentemente, con il risultato derivato da ciò che è stato mostrato ai giudici, le prove non hanno portato, nel dibattimento, a sostenere l’innocenza di Salvini. Ma saranno i giudici a decidere.

E così esponenti del governo Meloni ed esponenti della maggioranza hanno urlato: «Basta con questo atteggiamento eversivo di alcuni settori della magistratura che si vorrebbero sostituire al legislativo o al governo», come dice Maurizio Gasparri. O ancora: «Constato amaramente che con la requisitoria dei pm nei confronti di Salvini si sta celebrando un processo politico», ha dichiarato Simonetta Matone, ex magistrato e deputato della Lega.

Abbiamo purtroppo sotto gli occhi lo scatenarsi degli attacchi contro la magistratura che «si permette di processare» un politico mostrando pure le prove. E queste toghe che applicano il codice penale e le leggi, si vogliono in tutti i modi prendere di mira, indebolire, annichilire. A questo scopo, l’arma preferita è quasi sempre quella di accusarli di recondite mire politiche. E l’effettiva indipendenza del magistrato, pure scritta a chiare lettere nella Costituzione, è ancora insidiata.

Sorgente: Processo Open Arms, le toghe di Palermo aggredite sui social – la Repubblica


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