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Diritto di manifestare Prima di vietare una manifestazione, l’impulsivo Piantedosi – perché è sua l’indicazione arrivata alla Questura di Roma, che ha preso la decisione formale – dovrebbe contare fino a cento. E […]

Di Andrea Fabozzi

Prima di vietare una manifestazione, l’impulsivo Piantedosi – perché è sua l’indicazione arrivata alla Questura di Roma, che ha preso la decisione formale – dovrebbe contare fino a cento. E poi non farlo. Anche perché se vuole stilare un catalogo di cortei ed eventi che non sta bene, già troppi se n’è fatti sfuggire. Il raduno nazi-rock dell’altra sera in Veneto dove si inneggiava a Hitler e alle SS avrebbe potuto sollevare nell’animo dell’attento ministro qualche vago sospetto di antisemitismo. Al corteo che anche quest’anno ha attraversato Roma a braccia tese per arrivare ad Acca Larentia, Piantedosi poteva mandare la polizia e fermare tutti, ma avrebbe rischiato di trovarci qualche alleato di governo.

Ha fatto bene a non intervenire. Vietare una manifestazione è sempre una cattiva idea (autorizzare nemmeno è previsto). Per rispetto dei diritti fondamentali e per buon senso pratico. Malgrado le parole d’ordine possano essere sbagliate, com’è sbagliato per essere gentili (e per non esserlo è una bestialità e un’idiozia) inneggiare al 7 ottobre come una data rivoluzionaria e un’operazione di resistenza dei palestinesi. Anche perché le manifestazioni sono altra cosa rispetto agli annunci di chi (nemmeno tutti) vuole convocarle. E le manifestazioni di solidarietà alla Palestina alle quali abbiamo assistito e partecipato in questo anno sono state anche manifestazioni per la pace. Senza problemi di ordine pubblico.

Il massacro di Gaza, la guerra che Israele allarga impunemente, la copertura dell’Occidente ai crimini di guerra, incendiano la rabbia e le parole. Nessuno può sorprendersene, men che meno chi condivide le responsabilità di questa indifferenza criminale. A meno che vietare non sia il primo passo per poi reprimere con la forza pubblica. Ma se è una trappola si può rispondere solo con una partecipazione pienamente pacifica. Senza altri slogan idioti e bestemmie storiche che fanno il gioco dei repressori.

Sorgente: Il censore selettivo sbaglia sempre se dice no | il manifesto


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