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Putin come Hitler, i bot di Mosca che interferiscono con le elezioni di tutti i paesi liberi, i russi come gli orchi di Mordor: la russofobia occidentale nel narrare il popolo russo meriterebbe uno studio approfondito e ben documentato, tanto dal punto di vista storico quanto da quello culturale.

Putin come Hitler, i bot di Mosca che interferiscono con le elezioni di tutti i paesi liberi, i russi come gli orchi di Mordor: la narrazione occidentale della Russia e del popolo russo è una questione che meriterebbe uno studio approfondito e ben documentato, tanto dal punto di vista storico quanto da quello culturale.

Una rappresentazione di tutto ciò, per fare un esempio, andò in onda su La7, nella puntata di “In Onda” del 25 giugno 2023 dedicata ai “misteri del quasi golpe” di Prigozhin.

Un imbarazzante spettacolo di russofobia in guanti bianchi e nemmeno troppo velato razzismo, da parte di interlocutori tutt’altro che “sprovveduti”. Nell’ordine si udirono queste perle:

Gianrico Carofiglio, scrittore: “I russi sono culturalmente arretrati”
Umberto Galimberti, filosofo: “I russi non hanno cultura sufficiente”.
Vittorio Emanuele Parsi, politologo: “La Russia sembra il Sudan, dove le milizie corporate si rivoltano contro il governo. Putin è un bandito.”
E la degna conclusione del conduttore, David Parenzo: “Solo un colpo di stato può cambiare le sorti”.

Se non ci credete questo è il video della puntata.

Russofobia, la paura dei barbari

Il segnale più profondo del fatto che si è in guerra si ha quando tutto un altro popolo diventa nemico, non i suoi governanti o i suoi generali, ma proprio tutto il popolo.

Al centro di questa visione distorta c’è una suggestione millenaria: la Russia appare come una terra sconfinata, gelida e misteriosa, un luogo che evoca timori ancestrali, popolato da eserciti inarrestabili e infidi pronti a materializzarsi dall’orizzonte deserto.

Questo immaginario è il retaggio di un’antica paura dei “barbari” che, secoli fa, invadevano l’Europa, e che oggi si è riversata sulla Russia moderna.

Questa paura atavica non è svanita, anzi, è alimentata per fini propagandistici. La rappresentazione dei russi come una minaccia per l’Occidente continua a permeare il discorso pubblico, alimentato da narrazioni che manipolano la realtà e giocano sulle contraddizioni.

Come dimenticare Beppe Severgnini che, ospite negli studi di Otto e mezzo – facendo lui parte della compagnia di giro che occupa tutte le caselle televisive, dchiarava che bisognava fermare Putin assolutamente sennò “sarebbe arrivato a Lisbona”.

Si diffonde così un’immagine della Russia come una potenza oscura e minacciosa, perennemente all’offensiva e incapace di distinguere tra obiettivi militari e civili, tanto che, nella propaganda occidentale, i missili russi sembrano colpire solo ospedali, scuole e abitazioni civili.

Un gigante arretrato

Allo stesso tempo, i media occidentali dipingono la Russia come un gigante tecnologicamente arretrato, costretto a smontare elettrodomestici per recuperare microchip, pur rimanendo capace di manipolare elezioni e influenzare l’opinione pubblica mondiale con i suoi misteriosi “bot russi”. Una narrativa tanto assurda quanto efficace nel perpetuare un’immagine  minacciosa.

Questa rappresentazione è profondamente radicata nella cultura popolare occidentale, in parte grazie anche all’immaginario creato da film e letteratura di spionaggio, come le storie di James Bond, in cui la Russia è spesso associata a organizzazioni criminali globali, come la Spectre.

Negli anni ’70 e ’80, durante la Guerra Fredda, vi fu un periodo di apparente appeasement, in cui i russi venivano ammirati come maestri di scacchi o celebrati nella letteratura, come accadde a Solženicyn, premiato con il Nobel.

Oggi, però, la situazione è cambiata drammaticamente: in un clima di russofobia crescente, si arriva a proibire corsi universitari su Dostoevskij o a boicottare i musicisti russi, mentre ai tennisti russi viene negato il diritto di vedere sventolare la propria bandiera.

Da Attila a Lenin

Come da definizione da vocabolario, dicendo russofobia, parliamo del “il sentimento anti-russo, comunemente indicato come russofobia, è antipatia o paura o odio per la Russia, i russi, la cultura russa o la politica russa. Il Collins English Dictionary lo definisce come un odio intenso e spesso irrazionale nei confronti della Russia.”

Questa ostilità nei confronti della Russia ha radici profonde. La Russia ha sconfitto Napoleone e ha giocato un ruolo determinante nella sconfitta di Hitler, sacrificando milioni di vite per resistere all’invasione nazista. Tuttavia, la sua resistenza e il suo contributo decisivo nella Seconda Guerra Mondiale sono spesso trascurati.

Dopo il 1945, la competizione tra il comunismo russo e il capitalismo americano ha segnato ulteriormente la relazione con l’Occidente, portando alla Guerra Fredda, che si concluse con il crollo dell’Unione Sovietica.

Nonostante la fine del modello sovietico, la Russia ha continuato a difendere strenuamente la propria autonomia, soprattutto sotto la guida di Vladimir Putin, provocando la ritorsione dell’Occidente, che fatica ancora a comprendere l’identità di questo vasto paese.

La russofobia, dunque, non è un fenomeno recente legato alla figura di Putin, ma è una costante storica nella mentalità occidentale. Le radici di questo rifiuto affondano nei secoli, dal terrore dei mongoli di Attila fino ai bolscevichi di Lenin.

Anche lo zarismo, pur essendo affascinante nella sua esotica lontananza, non è mai stato veramente compreso. È ironico pensare che, nonostante alla corte degli zar si parlasse francese e che la scienza debba a un russo, Mendeleev, la creazione della tavola periodica, la Russia rimanga ancora oggi una nazione “estranea” e percepita come una minaccia.

La deflagrazione del conflitto latente in Ucraina ha poi chiuso il cerchio.

Gli articoli sui giornali, i telegiornali e gli interventi sui social sono praticamente identici indipendentemente dalle varie emittenti televisive, redazioni, giornalisti, politici e influencer. Sul tema del giorno, si sa quasi sempre cosa aspettarsi, che ospiti ci saranno e cosa diranno.

Con la guerra bel Donbas la cosa ha fatto un ulteriore salto di qualità, riducendo il vocabolario a pochi termini utilizzabili, come se fossi davanti alla neolingua orwelliana: invasione russa, aggredito, aggressore, guerra, armi, valori, autocrazia, e poco altro.

Quale integrazione?

La russofobia non è quindi una risposta contingente, ma un pregiudizio radicato. Ed è per questo che, in una società come la nostra che ha issato i valori dell’integrazione e del cosmopolitismo come fondanti, appare paradossale l’incapacità dell’Occidente di accettare e comprendere i russi.

Superare questa incomprensione sarebbe il primo passo per una pace reale e giusta, che non passi attraverso la sconfitta della Russia, ma attraverso il riconoscimento della sua esistenza autonoma e legittima.

Sorgente: Russofobia occidentale: il nodo irrisolto con la Russia – Kulturjam


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