Più della metà di tutti i pomodori prodotti in Europa arriva dall’ Italia, il 12% della coltivazione mondiale. Numeri non difficili da credere per chi percorre le strade del foggiano, del salernitano e di parte del sud Italia durante il periodo della raccolta. Il rosso e il verde sono i colori che predominano e in questa tavolozza ogni tanto si scorgono piccole chiazze. Sono i braccianti agricoli, per lo più provenienti da paesi extraeuropei, che ogni anno d’estate arrivano e mettono la loro forza lavoro a servizio di agricoltori.
La manodopera agricola, la cui presenza è sempre più minacciata dai nuovi decreti sicurezza che rendono difficile ottenere un permesso di soggiorno, compongono la base su cui poggia l’intera piramide del business. Nel mezzo ci sono piccoli imprenditori, trasformatori, addetti ai trasporti e in alto, al vertice si erge la Grande distribuzione organizzata che da tempo determina il valore, le quantità e i compromessi cui dovranno scendere tutti gli altri attori per far fronte ai prezzi, troppo bassi, imposti.
Un peso che a cascata ricade su tutti i componenti fino appunto alla base, agli operai agricoli che più di tutti pagano il conto salato dei prezzi stracciati di conserve e passate sugli scaffali dei supermercati.
Una situazione insostenibile che sta dando vita giorno dopo giorno a iniziative che cercano di ritornare ad una dimensione di equità e giustizia sociale. Tra queste c’è Funky Tomato, il primo progetto in Italia che garantisce un contesto di legalità e rispetto di diritti per tutta la filiera. Buone pratiche che si traducono in lavoro contrattualizzato e in prezzi della materia prima concordati direttamente dall’azienda di trasformazione e dai piccoli imprenditori.